Gli americani e il kuwait


Il Kuwait è pronto a spiccare il volo verso gli Stati Uniti. Il fondo gestito dall’Autorità nazionale per gli investimenti (Kia) ha manifestato interesse per alcune attività americane, in particolare nei servizi finanziari. È l’ultimo atto di un’offensiva che ha come protagonisti i fondi sovrani dei Paesi del Golfo, ma anche di Cina e Singapore, sempre più attratti dalla richiesta di nuova liquidità in Usa, generata dalla crisi dei mutui facili e dal deterioramento del mercato del credito.«Forse in questo momento siamo nell’occhio del ciclone ovvero vicini alla fase più acuta del problema - spiega Bader Al-Sa’ad, numero uno di Kia in riferimento alla questione dei subprime - i prezzi non potranno scendere ancora a lungo». Per questo non è stato mai così opportuno agire ed è necessario farlo in tempi rapidi, secondo il capo del fondo che gestisce beni e attività per 213 miliardi di dollari (concentrati in Asia) e conta su entrate straordinarie. «L’accordo tra Abu Dhabi Investment Authority (Adia) e Citigroup, per esempio, è giunto in tempi brevissimi», commenta Al-Sa’ad ricordando che sono bastate tre settimane al fondo per investire 7,5 miliardi di dollari in obbligazioni convertibili del colosso bancario Usa.Intanto Wall Street continua a fare i conti con la crisi del mercato del credito che ogni giorno miete nuove vittime. Tocca di nuovo a Citibank ricorrere a decisioni drastiche per rimettere in carreggiata il gruppo che dopo le svalutazioni del terzo trimestre ora rischia tagli di personale. Secondo indiscrezioni raccolte dall’emittente finanziaria Cnbc, il primo gruppo bancario Usa potrebbe licenziare tra il 5% e il 10% della forza lavoro (320 mila dipendenti) a partire dalla prossima settimana.Gli analisti sono convinti che la banca rischi nuove svalutazioni su attività legate ai mutui ad alto rischio, per 12 miliardi di dollari. «È il pesante parziale delle nostre revisioni sull’andamento dei conti trimestrali di fine 2007 e inizio 2008», spiega Howard Mason di Sanford C. Bernstein, secondo cui dazi elevati saranno pagati anche da Bank of America e Jp Morgan con svalutazioni rispettivamente di 5,5 miliardi e 1 miliardo di dollari. Non sono solo i big di Wall Street a subire le conseguenze della crisi dei subprime. Da oggi nella lista delle vittime illustri rientra la categoria dei private equity, dopo il fallimento della maxi operazione tra Blackstone Group e Phh. Il gruppo guidato da Stephen Schwarzman doveva rilevare per 1,8 miliardi il controllo della società erogatrice di mutui che opera sotto l’ombrello di General Electric.Secondo Blackstone l’operazione sarebbe andata in fumo per colpa del consorzio di banche finanziatrici, guidato da Jp Morgan e Lehman Brothers. «Eravamo pronti a chiudere con i fondi che ci avevano garantito a marzo - rende noto la società - ma poi hanno cambiato idea». Le banche ritengono invece che sarebbe stata necessaria una seconda negoziazione dell’accordo per valutare le variazioni subite dal portafogli mutui. Phh, pur non operando direttamente nei subprime, ha sofferto perdite negli ultimi due trimestri a causa del deterioramento del mercato creditizio. Blackstone sarà costretta a pagare un indennizzo per il mancato accordo, e ha già annunciato che si rivarrà sulle banche.Le ultime scosse del terremoto finanziario fanno tremare Wall Street: nella prima sessione dell’anno ha scontato anche il super-barile di greggio sul filo delle tre cifre, e un settore manifatturiero che in dicembre ha fatto registrare la prima contrazione dopo 10 mesi consecutivi di crescita. Il Dow Jones ieri ha perso l’1,67%, il Nasdaq è indietreggiato dell’1,61% mentre lo S&P è sceso dell’1,36%.